Eduardo Chicharro y Agüera

Eduardo Chicharro Y Agüera (Madrid, 1873 – 1949) è stato un pittore spagnolo, padre del poeta Eduardo Chicharro Briones. Chicharro fu uno dei più grandi pittori del suo tempo, con un’enorme facilità di disegno e capacità di colore. Discepolo di Joaquín Sorolla e Manuel Domínguez alla Royal Academy of Fine Arts di San Fernando a Madrid, studia insieme ad altri giovani pittori come Marceliano Santa María e Fernando Álvarez de Sotomayor. Un notevole contributo per la formazione a Roma di Chicharro Agüera prima e Ortiz Echagüe poi, fu dato dall’Academia Espanola de Bellas Artes en Roma istituita dal governo spagnolo nel 1873; è strettamente collegata alla loro attività quali borsisti dell’Accademia e agli interessi per le tradizioni popolari maturati nella patria spagnola e continueranno ad essere approfonditi in Italia. Il regolamento dell’Accademia romana prevedeva una selezione annuale di 12 borsisti per la frequenza di corsi quadriennali con l’obbligo di permanenza per almeno un anno a Roma. Chicharro vinse la borsa di studio per la sezione de Historia per il settimo corso (1900-1904 ). La maggior parte dei borsisti non si limitava a curare la conoscenza dell’opera dei grandi maestri della pittura italiana, a ritrarre in studio modelli dal vivo, ma trovava ispirazione nei personaggi comuni, e Chicharro chiedeva frequenti permessi per lasciare Roma e cercare nelle città e nelle regioni più ricche di personalità tutto quello che non era trito, banale, omologato. Un clima artistico di questo genere spinge prima Chicharro e poi Ortiz a guardare con occhi attenti verso la Sardegna, verso la sua “diversità”, la sua peculiarità. Chicharro viene in Sardegna e vi si trattiene, per un breve periodo, nella primavera-estate del 1901. Ricordiamo nel 1900 si celebrava a Roma il 22° Giubileo ordinario di papa Leone XIII° e che folle di pellegrini giungevano in città da ogni parte. Fu in questa occasione che Chicharro conobbe Bartolomeo Demurtas, allora sindaco di Atzara con il quale strinse da subito un rapporto di grande amicizia. Chicharro, incuriosito dai racconti e descrizioni dell’amico Bartolomeo, accetta l’invito di quest’ultimo a recarsi in Sardegna e più precisamente ad Atzara. Il borsista spagnolo giunse nell’isola a giugno del 1901 sbarcando a Cagliari dove fu catturato dalla intensità dei volti delle persone oltre alla solennità dei costumi ereditati da una lunga tradizione vivificata dall’apporto spagnolo. Lo afferma lo stesso Chicharro, in una lettera del 24 settembre 1908 al pittore Antonio Ballero con il quale stabilirà un contatto epistolare dal 1904 al 1924. Sono soprattutto le figure femminili, in particolare quelle di Atzara. Che lo colpiscono, ricordandogli da vicino quelle spagnole per la solennità del loro costume severo e decorativo; è il piccolo panno bianco, sa tiagiola – la tovaglietta – che riscopre il capo delle atzaresi ad impressionarlo, di concerto con le tradizioni popolari e le feste religiose. Atzara, quindi, un piccolo paese del Mandrolisai, è la comunità d’elezione per i costumi dei suoi abitanti (trajes) e per le sue tradizioni popolari (costumbres); appena giunto, osserva con estremo interesse gli ultimi giorni di una festa: è quella che ha come centro la chiesa camprestre di San Mauro e le sue cumbessias, non lontano da Atzara. A Chicharro si offriva, veramente, una preziosa occasione per ammirare i ricchi costumi barbaricini assieme ai caratteristici oggetti di cultura materiale. Chicharro trascorre l’estate in Sardegna lavorando ad un quadro di grandi dimensioni, quadro che non può concludere perché contrae la malaria e deve far rientro in Spagna. Il quadro potrebbe essere Il ritorno dalla festa di San Mauro. Due i punti di riferimento relativi alla produzione di Chicharro nell’isola, uno del 1901, il carboncino Studio per il ritratto di Bartolomeo Demurtas, al quale ha fatto seguito l’opera finita e giunta in prestito al Museo Ortiz nel 2018, grazie alla famiglia proprietaria del dipinto; l’altro, uno studio di buoi, un piccolo olio del 1908. Il primo è un soggetto che comporta ad una certa aderenza a determinati canoni di verosomiglianza: nello studio preparatorio del ritratto , Chicharro applica canoni nel pieno dell’accademismo, un disegno che che vuole evidenziare gli elementi essenziali, lasciando al colore il compito di rendere più intensi i tratti somatici, l’opera finita ne è una prova. Dal disegno al colore, quindi. Nel ritratto di Bartolomeo Demurtas i dati somatici, come si è detto, sono portati dal colore in primo piano; è il volto riarso dal sole di chi ha speso la maggior parte della vita nelle campagne, alla cura di un gregge o al lavoro dei campi; il tipico copricapo nero – sa berritta – contrasta con la camicia bianca: un contrasto con il bianco della camicia. Chicharro non sarebbe più tornato ad Atzara dopo la sua partenza forzata dalla malaria, ma questo amore per l’isola e per il suo fascino lo trasmetterà, durante il periodo di permanenza a Roma, fra gli altri, al giovane Ortiz Echagüe, che appena diciassettenne, agli inizi del 1901, era giunto a Roma, dove si sarebbe trattenuto per oltre un anno. Alla fine del 1906, anch’egli si recherà in Sardegna per dipingere, privilegiando, ugualmente il paese di Atzara.
Nel 1913 Eduardo Chicharro y Agüera sarà nominato direttore dell’Accademia spagnola di belle arti di Roma, sede romana della Royal Academy of Fine Arts di San Fernando, di cui è stato professore e direttore, quindi tutta la famiglia si trasferirà a Roma, città dove rimarranno fino al 1926 . Partecipò con le sue tele a mostre nazionali e internazionali; con Las uveras ottenne la prima medaglia in quella nazionale nel 1899 e con Armida una seconda nella mostra del 1904.
Il suo lavoro è rappresentato in numerosi musei spagnoli e stranieri, evidenziando il suo interesse iconografico. Un suo autoritratto è conservato nel museo della Royal Academy of Fine Arts di San Fernando. Dal 2018, sono due i preziosi capolavori entrati in collezione al Museo Ortiz di questo eccezionale artista, il Ritratto di Bartolomeo Demurtas di cui abbiamo parlato precedentemente e un piccolo godibilissimo ritratto a matita, Cabeza de Atzara, risalente anche questo al 1901 e donato in forma permanente dalla studiosa del fenomeno costumbrista spagnolo e cittadina onoraria di Atzara, Monteserrat Fournells; il ritratto riprende una ragazza di Atzara diciasettenne con indosso la tiagiola, rispettando appieno i canoni del costumbrismo, che tra gli altri aspetti aveva come prerogativa dominante l’iperrealismo, documentando ancora una volta, la bellezza delle piccole modelle di Atzara, celebrate successivamente anche da Ortiz Echagüe e da Figari.

Bibliografia: Due pittori spagnoli in Sardegna di Maria Luisa Frongia – Ilisso edizioni

 

 

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